Fare schifo è naturale. Tutti fanno schifo, soprattutto quando cominciano. Agli alti livelli credi di no? Ti sbagli. I grandi giocatori di basket, i grandi scacchisti, i maestri nelle arti, non credono affatto di essere “bravi” davvero. Nossignore, altrimenti non ci sarebbero arrivati nemmeno a quel livello. Vogliono continuamente migliorarsi.
Chi diventa “bravo”, sempre e solo agli occhi degli altri ricorda, lo fa sapendo di non esserlo. Per tutto il tempo.
Certo, un senso di progressione c’è, ci mancherebbe. Ma il pensiero più frequente è sempre “Sono un principiante”, e mai “Adesso sono davvero un esperto”. Nessun vero esperto si considera tale. Non può essere per logica.
I maestri non imparano
Considerarsi esperti significa fondamentalmente avere finito di migliorare. Considerarsi principianti, significa aver cominciato.
Ed è questo l’unico requisito della vera crescita. Cominciare.
Quando iniziai a scrivere gli articoli, sentivo di fare schifo. Lo stesso, quando iniziai a imparare il giapponese, a correre, a fare i video su YouTube, e tantissime altre cose ancora. Anche nella vita. Alimentazione, relazioni, esercizio fisico… Mi sento sempre al punto di partenza.
Il che ovviamente non significa, attenzione, odiarsi. O criticarsi. O essere “perfezionisti”… Ma piuttosto il contrario!
Accettare il fare schifo, farlo diventare la nostra passione principale, il nostro sport. Si potrebbe dire che è questo il vero segreto dell’apprendimento. L’unica cosa che devi imparare bene è questa. Fare male le cose, e continuare a farle, tanto, sempre nello stesso stato di imperfezione. È l’unica “zona” che esista. La suck zone. La zona di schifo. Quella zona in cui, semplicemente, si fa schifo in ciò che si fa.
Non cercare di uscire dalla comfort zone. Rimani, piuttosto, nella suck zone. Il più a lungo possibile.
Ho imparato il giapponese principalmente nel mio letto, seduto in treno, e sul divano. Ascoltandolo per più di 5000 ore. Soltanto nell’ultima di tutte queste, ero davvero bravo come lo sono adesso. Questo significa che tutte le 4999 ore erano peggio e mi sarei dovuto abbattere? O che avrei dovuto sentirmi giù di morale, ma continuare a “sforzarmi”, a “impegnarmi”, a “uscire dalla comfort zone”, e accumulare fatica e ore di studio autoimposte? Assolutamente no.
Quello che facevo era mettermi il più comodo possibile, accendere JoJo (o un altro cartone animato assolutamente “inutile” dal punto di vista della mia produttività personale), e sorseggiare la tisana che mi ero scelto quel giorno.
Il problema di chi pensa di non avere talento è che non è capace di restare nella “suck zone” abbastanza a lungo. Soprattutto, non ha mai imparato a godersela. Far schifo è la parte migliore, davvero. E c’è una buona notizia, ci si può allenare.
Il segreto sta nel fare ciò che si vuole fare come se fossimo già dei campioni. E continuare a farlo, anche se ti accorgi di non esserlo. Fai un video al giorno e pubblicalo, anche se becchi mezza view. Apri un blog e riempilo di articoli, anche se non hai mai scritto nulla. Accendi il podcast che più ti piace, anche se si parla di strategie finanziarie dei mercati astratti, e ascoltalo come se fossi un esperto.
E a quel punto, percepisci il gap, il divario.
“Quanto ancora dovrò migliorare?”
Allenati a sentirlo, e a continuare a sentirlo, e allenati a sentirti a tuo agio con questa sensazione. Poi, continua.
Nec semper feriet quodcumque minabitur arcus
Lo stato di flusso non esiste. Esistono il movimento, il rilassamento, e l’accettazione di quel senso di “fare ancora schifo”. Soprattutto, la comprensione e l’accettazione del fatto che “faremo sempre schifo” in un certo senso. Perché assieme a noi cresceranno anche i nostri standard. E ciò è fantastico…
Ci tengo a ripeterlo, ciò non significa sbagliare apposta, o accettare gli errori o l’imperfezione. Nella pronuncia di una lingua, ad esempio, bisogna sempre puntare all’accuratezza. Accontentarsi non è una parola che descrive il concetto che voglio trasmetterti, qui, altrimenti basterebbe soltanto essa invece di tutto il resto dell’articolo.
Puntare al meglio è corretto. Accorgersi di non esserlo ancora, è corretto. L’obiettivo è fare schifo, e continuare, ma senza farlo apposta.
Come un bersaglio troppo in alto per essere raggiunto. L’obiettivo non è lanciare le frecce fiaccamente, perché tanto non lo raggiungeremo mai. L’obiettivo è puntare ancora più in alto di quanto punteremmo, tendere l’arco al massimo, respirare concentrarsi, scoccare il proprio miglior tiro. E poi, una volta che inesorabilmente la nostra freccia avrà mancato, provare quella sensazione. Dai capelli fino ai piedi. Sentire la voglia di abbattersi, che è quella voglia che sentono tutti quelli che poi abbandonano, continuare a provare quella tentazione. Mettersi la mano dietro la spalla. Estrarre un’altra freccia. Tendere l’arco. Puntare. Tenderlo al massimo.
Perché non sempre l’arco colpisce l’oggetto minacciato.
Scoccare.