Questa è una domanda che pongo alla nazione intera, al mondo. A te.
“La tua paura della pazzia ti sta invalidando?”
Io lo so, che tu hai paura della pazzia. Lo so e basta. La annuso come un cane, so quanta ne hai, so quanto ti disturba. So viverla nella mia pelle, se voglio, e so anche dissolverla naturalmente. Forse perché ho conosciuto tanti umani “pazzi”, forse perché ho conosciuto tanti umani in generale.
Quante persone conosci che corrispondono a questi criteri:
- La gattara pazza
- Il povero pazzo drogato in strada
- Un parente che sragiona
- Quell’amico che tutti pigliate per il culo
- La zia “strana” che non si sa perché, e non la vogliamo
- Tu nello specchio
- I criminali cattivi
- Chi parla tra sé e sé ad alta voce
- Chi urla in strada
- Chi urla a persone a cui vuole bene
- Gente sclerata
- Depressi
- Complottisti paranoidi
- Fobici delle diagnosi
- Partner anaffettive
La lista potrebbe andare avanti all’infinito. Quando mi sono messo a scrivere per la prima volta, più di 10 anni fa (forse quasi 15), non lo avevo detto a nessuno. Sentivo che tutti erano pazzi, che tutte erano pazze, attorno a me. E niente, lo sapevo e basta. Ho scritto una storia nella quale tutto il pianeta era diventato un grandissimo manicomio. Tutti erano chiusi nelle loro stanze, poi a sera prendevano la terapia. Non potevano uscire (dagli edifici), al massimo si parlavano tra di loro al telefono o via Internet. Il protagonista si chiamava Uno, ed era uno dei pazienti.
“Sono soltanto Uno, come tanti.”
Diceva. Eppure, chi gli ha mai veramente creduto? Il fatto è questo. A oggi, guardo fuori dalla finestra e me ne rendo conto: il pianeta è un manicomio. Ops, mi correggo, scusa. Il pianeta è un reparto di psichiatria.
Non mi metterei mai a fare una diagnosi collettiva a tutta l’umanità, anche perché ciò sarebbe un compito troppo gravoso persino per chi una laurea in psichiatria l’ha effettivamente conseguita. Però ci sono stato, nei manicomi. Se pensi che non esistono più, se pensi che non capisci, se pensi di essere normale, se pensi che hai paura, io te lo chiedo di nuovo:
“La tua paura della pazzia ti sta invalidando?”
Devi sapere che la pazzia non esiste. Non sto scherzando. Dal punto di vista medico, la “pazzia” non è mai comparsa su nessun manuale. Perché continuiamo a cercarla, allora?
Sai, si può anche avere paura di cose che non esistono. I fantasmi, il “demonio”, gli spiriti, etc. Poi si cresce, e nella maggior parte dei casi la paura si accantona. Si iniziano a vedere le cose per quello che sono. Si inizia a capire che sì, sarebbe bello credere nei fantasmi, però il mondo è così interessante e pieno di opportunità. Meglio mettersi a studiare qualcosa di concreto, per sé stessi o per gli altri, per realizzare qualcosa di più accurato che ci soddisfi e ci arricchisca.
Io ho sempre avuto paura della pazzia, sempre, da quando ragiono. E ce l’ho ancora. Ho anche paura degli alieni, a volte, degli esseri umani, dei poteri psichici incontrollati, della crudeltà, di me stesso, di Dio… The list goes on. Ho paura dell’universo, di tutto. Tutto questo, ogni tanto.
Altre volte, sono in pace con tutte queste cose. Penso che sia normale. Il problema è quando questa paura diventa invalidante. Lo è, nel tuo caso? Pensaci bene. Per me lo è stato per anni. Avevo paura delle cose che succedevano, ai pazzi. Non volevo “diventare un pazzo”, perché poi mi avrebbero legato al letto e considerato un animale, mi avrebbero torturato ucciso e obliato. E soprattutto non volevo che i pazzi mi disturbassero o mi aggredissero o peggio, mi dessero fastidio. Per questo, come penso anche tu ero molto sollevato dal fatto che queste persone venissero tenute lontane dal resto della società, curate, accudite, coccolate, riempite di affetto, e poi graziosamente reintegrate nel sistema.
Niente, come ti dicevo, poi sono cresciuto. Quando cresci hai una prospettiva più adulta, sulle cose. Cominci a capire che il mondo non è tutto bianco e nero, è uno spettro di possibilità. Alcune cose sono vere, altre non lo sono, ma la maggior parte di esse sono invece un miscuglio di verità e menzogna, accuratezza e mancata rappresentazione, ignoranza.
Insomma, ho sempre avuto in testa questo problema della pazzia. Di come evitarla, di come fuggire. Per questo, quando gli altri mi raccontavano che cos’è, io stavo lì con le orecchie bene spalancate.
“Ditemi ditemi dottore e dottoressa, cos’è quella cosa che io non ho in testa?”
Dall’altro capo della paura che cosa c’è? L’amore forse? No. C’è la fiducia.
Un bel giorno, mi sono svegliato nella mia stanza, nel mio reparto di psichiatria, sul mio pianeta, e ho deciso di fidarmi di tutti gli altri pazzi, di tutte le altre pazze, e soprattutto di me stesso. Ho iniziato a vederle per ciò che erano, persone infinitamente complesse e dettagliate. Tanto intigranti quanto problematiche. Ma mai disturbate.
“L’unico disturbo in questo posto – mi dissi – sta dietro l’occhio di chi guarda.”