Forse il tuo problema è proprio questo. Che non hai bisogno di pensare. O forse, meglio ancora, che hai bisogno di non pensare.
Sto scrivendo questo articolo. Pensi che ci stia pensando? Non esattamente. In pratica, ciò che faccio quando scrivo è sedermi, avviare il software di scrittura (uso il semplicissimo e gratuito Open Live Writer), e mettermi a digitare.
È come se a scrivere fossero le mie mani.
Io semplicemente le metto nella posizione giusta (sopra alla tastiera), raddrizzo la schiena (ma a volte neanche quello), batto la prima frase, e mi guardo scrivere tutto il resto dell’articolo.
Esatto hai capito bene, mi guardo scrivere. Non penso quasi mai a che cosa mettere negli articoli, neanche durante la giornata. Sarebbe uno spreco di tempo e di energie mentali. Molto meglio essere presenti e fare ciò che si fa. A volte mi capita, certo, sono nella doccia e mi dico “Ho ancora l’articolo da scrivere oggi”. Ma non è un pensiero che intrattengo più di tanto. E soprattutto, non cerco di risolverlo nella mia testa. Non cerco di pensarci il più possibile. E lo stesso per tutte le altre cose che faccio durante la giornata. Ci penso, sì, ma solo mentre le sto facendo. In pratica, non ci penso.
I 3 centri del pensiero
Grosso modo, secondo diverse teorie, il cervello è diviso in tre parti. E così il nostro corpo. Mi piace pensare che esistano tre menti, tre centri di “pensiero”.
- Il cervello, i cui pensieri sono i nostri “pensieri” in senso stretto
- Il cuore, i cui pensieri sono le nostre emozioni
- L’intestino, i cui pensieri sono le nostre azioni
In questo senso, nota bene quanto molto spesso questi centri non siano affatto allineati. Pensiamo di voler concludere un lavoro, ma poi non ci stiamo effettivamente lavorando con il nostro corpo. Oppure siamo contenti all’idea di imparare qualcosa di nuovo, ma poi per qualche motivo non succede nulla.
In generale, e questo è un problema molto diffuso nella nostra società, siamo tutti troppo concentrati sui pensieri-pensieri, quelli del cervello.
Pensiamo che per scrivere un articolo al giorno servano una valanga di nuove “idee”, un cervello super sviluppato, una testa da genio. Ma che cosa sono tutte queste cose, nel concreto? Nulla di nulla, te lo dico io.
Il processo creativo è molto diverso. Certo, il cervello è coinvolto, lo sto coinvolgendo proprio in questo momento credimi. Lo sto usando per muovere le dita, per trovare gli errori di battitura, per vedere se le parole e le frasi sono coerenti, per correggere la mia postura. Di tanto in tanto, anche per aggiungere qualche idea qua e là, dove serve, o per togliere qualche parola quando ce n’è di troppo.
In generale, però, queste parole non le sto mica “pensando”. Le stanno pensando le mie mani, sulla tastiera. Il flusso di coscienza è direttamente trascritto. Per il cervello ci passa a malapena. In molti credono che le informazioni stiano nelle teste, trilioni di informazioni che bisogna prima raccogliere da qualche parte, e che poi attraverso il ragionamento e lo sforzo mentale le si possa “spremere” e organizzare sulla pagina, in qualche modo, seguendo un altro trilione di regole, sempre da recuperare in qualche modo in giro per il mondo.
Non è assolutamente il caso. Fidati di me. È solo una convinzione un po’ strana, ma che hanno quasi tutti. Che scrivere sia difficile, o parlare, o cantare, o disegnare, o persino studiare o imparare o fare qualsiasi altro tipo di attività.
Le idee e le informazioni sono nell’aria. Nello spazio tempo. Tutto ciò che devi fare è essere lì nel momento giusto, e danzare assieme a loro.
Scrivere è facile quanto leggere, se non ancora di più.
Quando leggi, infatti, devi far sì che la tua mente si pieghi alle parole dell’autore, in modo da internalizzarle correttamente e comprenderle, proprio in quello specifico modo che lo scrittore ha voluto trasmettere. Ed è la tua responsabilità di lettore fare sì che ciò accada nel migliore dei modi.
Io che scrivo, beh, le parole ce le ho in automatico. Posso scrivere letteralmente quello che voglio, e finché “mi suona bene” in testa, non mi resta che muovere le dita in maniera sufficientemente allineata, rileggere un paio di volte, correggere dove serve, et voilà. Il pezzo è bello e pronto e pubblicato.
Lo stesso vale per tutto il resto della vita.
Siamo tutti convinti che dobbiamo pensare. Che dobbiamo pianificare. Che dobbiamo riflettere. Ma è davvero così che funzionano le cose? Siamo davvero sicuri che pensare è necessario? Siamo davvero sicuri che pensare è persino possibile?
I pensieri non esistono
Fai caso a questo fatto, potrebbe essere che il pensiero non esista nemmeno. Esistono solo i corpi. Le azioni. Le forme. Gli articoli. I video. Le cose fatte.
I sogni nel cassetto, i desideri, i progetti mai iniziati, le preghiere, le speranze, i piani, le aspettative, persino le idee…
E se non esistesse niente di tutto questo? E se esistessi soltanto tu, lì nella stanza o per strada, con l’espressione assorta, come se stessi pensando, ma poi non è così? Come fai a sapere di avere davvero pensato, se poi non hai scritto, se poi non hai disegnato, se poi non hai parlato, se poi non hai espresso, se poi non hai agito, se poi non hai realizzato?
Siamo sicuri che il pensiero esista davvero?
E anche se esistesse per davvero, sarebbe davvero importante? È davvero importante pensare a tante cose, pensare alle cose giuste, pensare in grande, o forse è solo tutta una gran perdita di tempo?
Forse, a volte, non hai bisogno di pensare. Hai bisogno di non pensare. Forse chi gioca a scacchi non pensa. Aspetta, osserva, e muove.
E se non muovesse, se non facesse quella sua scelta, se non spostasse quel suo pezzo sulla scacchiera, avrebbe davvero pensato? Avrebbe davvero giocato a scacchi? O sarebbe solo un tizio fermo, paralizzato, inebetito, mezzo addormentato, davanti a una scacchiera…?