Credo che uno dei pensieri più interessanti di sempre sia questo:
Le parole non esistono
Considera queste 2 cose per un secondo:
- La frase “Le parole non esistono” potrebbe essere vera
- Se così fosse, sarebbe comunque composta da… parole? Strano!
Vediamo di approfondire meglio che cosa voglio dire con “Le parole non esistono”. Vedi parole sullo schermo in questo momento? Sì, certo. O forse no? Forse, queste immagini che chiami “parole” sono soltanto pixel neri su uno sfondo di pixel bianchi. Lo stesso discorso vale quando stai leggendo qualcosa su carta. Sono veramente “parole”, o macchie di inchiostro ordinate su un foglio in un certo modo?
E ancora, le parole che ascolti. Stiamo parlando di vibrazioni sonore giusto? Nient’altro che oscillazioni nella pressione dell’aria.
A volte crediamo di parlare, a volte crediamo di scrivere, a volte crediamo di esprimerci… Ma forse stiamo soltanto avendo a che fare con una qualche forma molto raffinata e specifica di spazio-tempo, qui. Sto dicendo che le parole in sé non esistono, se non come concetto nella nostra testa. Ma non tutti i concetti puntano a qualcosa che esiste davvero, nel mondo reale. Pensa agli gnomi o ai folletti o alle fate.
E se lo stesso valesse per le parole? Abbiamo il concetto di parola, che esiste, e in questo caso abbiamo addirittura l’illusione che le parole esistano, la loro rappresentazione su schermo o su carta o attraverso la propagazione del suono. Eppure, in un certo qual modo, potrebbero essere soltanto un insieme di forme, e nient’altro che quello, seppur particolarmente complesso e ordinato.
De unde
Un altro concetto al quale probabilmente non avevi mai fatto caso. Da dove vengono queste “parole”? Chi le chiama in causa quando compaiono? Ok, queste le ho scritte io, ma come? Da che parte della mia mente arrivano? E quelle che hai tu in testa adesso? Le stai generando tu, da dentro? Ma da dentro dove? Dal cervello, dalla mente? Ok, ma che cosa significa? Certo, il cervello è un organo del corpo umano… Ma come funziona esattamente? Siamo ben lontani dallo scoprirlo. Anche nella neurologia contemporanea, ci sono diversi dubbi in merito a come precisamente operino le varie funzioni dell’encefalo. Possiamo descrivere i processi che portano le parole ad affiorare nella nostra mente, se vogliamo, talvolta in maniera sorprendentemente dettagliata. Ma anche in questo caso, non si tratterebbe soltanto di altre parole? E chi lo dice che esistono, queste parole, a questo punto?
Il fatto è questo, potrebbe essere tutto una gigantesca illusione. Le parole potrebbero essere soltanto il ramo di un frattale complicatissimo, che per qualche ragione si estrinseca e si esprime in forme per noi condivisibilmente riconoscibili…
In pratica, accidentalmente, finiamo per riconoscere e leggere e comunicare e comprendere e pensare a tutte queste forme chiamate “parole”, ma in realtà non lo stiamo facendo, stiamo solo assistendo allo svolgersi di una trama, di un processo fisico di qualche tipo, di una creazione di complessità spontanea che per qualche ragione può trovare “senso” nelle nostre teste. Che poi, questo “senso”, che cos’è se non una sensazione, uno stato d’animo? Che cos’è la “comprensione”, che cosa significa capire? Certo, c’è il consenso delle moltitudini, ma se tutto fosse accidentale? Pensi che sia improbabile? Dipende, perché se tutto fosse stato costruito in questo modo a priori, come se stessimo vivendo in una simulazione o in un film predeterminato, anche il concetto di probabilità salterebbe.
Anche nel caso in cui tutte queste congetture filosofiche non fossero infine fondate, come potremmo dire con certezza che “le parole esistono”, senza usare le parole prima? Dovremmo avere “già” le parole, per poi usarle, per poi dichiarare o determinare la loro esistenza attraverso un ragionamento. Giusto?
Quindi, in pratica, dovremmo prima darle per scontate, darle per vere, assiomaticamente, senza che la frase “Le parole esistono” possa essere dimostrata in alcun modo, per ragioni logiche legate alla struttura della comunicazione verbale stessa, appunto.
Verba non facta
Alcuni potrebbero dire, “Non ho bisogno che le parole esistano, mi basta semplicemente saperle usare, e usarle.”
E qui risiede il pericolo più grande perché, appunto, la loro esistenza non è l’unico mistero. Se non sai che esistono, come fai a sapere che le stai usando? Come fai a sapere che non sono loro che stanno usando te? Certo, sei tu che le pronunci, sei tu che le pensi, sei tu che le scrivi ma… Sei tu davvero? Come fai ad averne la certezza?
In questo momento, queste parole, da dove arrivano? Non certo da te. Arrivano da qui, dal tuo schermo. Come fai a sapere che non è il tuo schermo che le ha scritte, ma che sono stato io, Dylan, autore di questo articolo? Certo, le sto digitando sulla tastiera, non è questo che sto mettendo in discussione. La mia domanda è, dove stavano prima? Nella mia testa? In che zona, esattamente? Di nuovo, esiste forse una “sorgente di parole”, da qualche parte nel cervello umano?
Senti questa invece. E se invece di venire digitate dagli scrittori, pronunciate dalle persone, pensate dalle menti, le parole vivessero una vita propria? E se in questo momento si stessero semplicemente riproducendo, come forme di vita, imponendo se stesse in un certo qual modo a comparire negli schermi, sui fogli, nelle teste, nell’aria? E se le parole fossero in un certo senso esseri senzienti, coscienti, che si manifestano liberamente e indipendentemente ma (anche) attraverso gli esseri umani?