AutoCrescita è un metodo innovativo per imparare una qualsiasi lingua da autodidatta in poco tempo, gratis, e senza studiare.
L’ho creato per permettere a chi vuole imparare una lingua da solo di realizzare questo suo grande e bellissimo sogno.
La mia storia
Io stesso, qualche anno fa, avevo lo stesso desiderio.
Amavo la lingua giapponese. Amavo la sua complessità, la sua diversità, la sua bellezza.
Avevo deciso che volevo impararla, una volta per tutte. Volevo diventare in grado di ascoltare, leggere, scrivere, e dialogare in giapponese. Avrei fatto di tutto per questo obiettivo. Avrei studiato giorno e notte, avrei pagato per tutti i corsi che ci volevano, avrei aspettato un sacco di anni prima di vedere i primi risultati.
Niente di tutto questo era necessario, per fortuna. Ma io non lo sapevo ancora.
Imparare il giapponese viene considerato universamente difficilissimo, e moltissime persone la considerano ancora oggi un’impresa impossibile.
Fortunatamente per me (e per te che stai leggendo tutto questo), non solo ho scoperto che non è impossibile, ma addirittura che è possibile ottenere ottimi risultati in pochissimo tempo e facendo poca fatica.
I primi passi: SRS e Kanji
Nel Giugno 2013 iniziai ad usare lo straordinario programma Anki in combinazione con il rivoluzionario metodo Remembering the Kanji, con l’obiettivo di memorizzare tutti e 2000 i caratteri dell’alfabeto giapponese necessari per saper leggere e scrivere la lingua in maniera corretta.
Dopo un solo mese di lavoro avevo già raggiunto quota 1000.
30 giorni dopo avevo già raggiunto il mio obiettivo: avevo memorizzato la bellezza di 2000 caratteri mettendoci solo 2 mesi!
È stato lì che ho cominciato a capire lo straordinario potere di Anki e degli SRS. Stavo cominciando a capire quante cose era possibile imparare e quanto tempo era possibile risparmiare. I risultati erano assolutamente sorprendenti.
Ma non era finita.
C’erano ancora tantissimi vocaboli da conoscere, tantissime strutture grammaticali diverse, e tantissimo lavoro da fare per quanto riguardava la calligrafia. Per non parlare dell’ascolto e della conversazione.
Siccome studiare i Kanji mi piaceva, però, decisi che era il caso di prendermi un mese di pausa e di studiarne altri 1000. Così, giusto perché ormai ci avevo preso gusto. 😀
Dopo avere messo un totale di 3000 caratteri giapponese sotto la cintura in solamente 3 mesi, mi sentivo abbastanza tranquillo per cominciare lo studio della lingua vero e proprio.
Il cuore di AutoCrescita: lo studio delle frasi
A Settembre 2013 iniziai quello che ora considero il cuore del metodo AutoCrescita: lo studio delle frasi.
Invece di studiare i libri di grammatica, leggere sempre i soliti dialoghi e compilare i soliti noiosi esercizi, avevo scelto un approccio molto più diretto.
Si trattava di studiare, tramite Anki, la maggior quantità possibile di frasi in giapponese. Non era necessario studiarle a memoria. Nemmeno tradurle. Bastava solo capire che cosa significavano.
I risultati, anche in questo caso, non tardarono ad arrivare.
Dopo solo 2 mesi ero già in grado di riconoscere 2000 delle frasi in giapponese che mi ero prefissato di studiare, il che mi permetteva di riuscire a comprendere più dell’80% delle parole di quella lingua.
Il livello successivo: Immersione e Ascolto Passivo
Ma il cambiamento più grande avvenne, con mia grande sorpresa, al di fuori di Anki e dello studio ottimizzato.
Avevo sentito che l’ascolto passivo, ovvero ascoltare per molte ore una lingua straniera anche senza comprenderla, poteva rivelarsi uno strumento potentissimo per migliorare le proprie capacità di comprensione.
Avevo sentito che il cervello era in grado di decifrare autonomamente i suoni di una lingua straniera, e di diventare automaticamente in grado di comprenderla, a patto di assorbire una sufficiente quantità di input.
Sembrava tutto molto credibile.
Il problema è che “una sufficiente quantità di input” significava centinaia, addirittura migliaia di ore di ascolto. 10’000, per la precisione.

Fino a che si trattava di dedicare un’oretta a un avanzato programma per la memorizzazione, OK. Ma qui si parlava di mettersi le cuffie nelle orecchie la mattina, accendere il lettore mp3, e tenerlo acceso fino a poco prima di andare a dormire.
“Una cosa da pazzi.”
Pensai.
“Mi piace. Proviamo se funziona!”
Pensai subito dopo.
E così, nel Dicembre 2013, iniziai quella che ora chiamo la fase di Immersione del metodo AutoCrescita.
Non solo stavo tutto il giorno a sentire giapponesi che parlavano.
Visitavo siti web solamente in giapponese, guardavo il telegiornale in giapponese, giocavo ai videogiochi in giapponese, e ovviamente guardavo anche film e cartoni animati in giapponese.
Avevo persino messo il cellulare in giapponese.

Due soli mesi dopo, sentivo che dentro di me stava succedendo qualcosa di profondo.
No, non erano i primi sintomi della follia. 😀
Le parole e le frasi della ragazza che conduceva il mio programma radio preferito si stavano trasformando da borbottii incomprensibili a qualcosa di molto più familiare: stavo cominciando a capire qualcuno parlare in giapponese!
Facevo ancora molta fatica a capire la maggior parte delle parole, ma avevo cominciato a riconoscere come suonavano le frasi, come si svolgeva una normale conversazione, e come si combinavano tra loro i vari suoni.
C’erano alcune parole che si ripetevano sempre. Altre che venivano usate solo in particolari occasioni. Le domande avevano tutte lo stesso suono finale, e i saluti erano diversi a seconda delle persone che si stavano salutando.
Avevo iniziato a conoscere il keigo, una delle forme della lingua giapponese, obbligatoria quando ci si rivolge a una persona più anziana o più autorevole. Quando i ragazzi parlavano ai professori, usavano il keigo. Quando i professori rispondevano, usavano il giapponese normale.
In questa fase mi resi conto del tremendo potenziale del mio metodo.
Non solo stavo imparando una lingua straniera considerata difficile come il giapponese. Ne stavo assorbendo anche le emozioni, le tradizioni, le usanze, i punti di forza, i pregi e i difetti, i modi di fare.
In una parola, stavo entrando in contatto diretto con la cultura del Giappone, e lo stavo facendo proprio come un bimbo giapponese.
L’unica differenza: io, grazie all’efficacia del mio metodo, imparavo molto più velocemente.
La prova finale…
Nel Luglio 2014, un anno solo dopo aver iniziato l’impresa, mi iscrissi all’esame di certificazione JLPT livello N1, che si sarebbe tenuto a Dicembre.
Il JLPT (l’equivalente nipponico del TOEFL) si svolge una sola volta ogni anno, è costituito da prove di grammatica, lettura, e ascolto, e può essere sostenuto scegliendo tra 5 diversi livelli di difficoltà. Il livello N1, quello a cui avevo scelto di iscrivermi, è il più difficile dei 5.
Per passare lo stesso livello, uno studente universitario (di Giapponese) impiega in media dai 5 ai 7 anni di preparazione. Io stavo tentando lo stesso esame dopo un solo anno e mezzo.
Altro dettaglio: io non ero iscritto a Lingue, ma a Ingegneria, il che rendeva la mia promozione ancora più improbabile.
Quando seppero della mia decisione, molte persone mi criticarono.
C’era chi mi credeva distratto (“L’anno prossimo ti iscriverai all’N2, quindi?”), chi mi credeva arrogante (“Chi ti credi di essere?”), e chi mi credeva ingenuo (o semplicemente scemo).
Quando arrivò il giorno della prova, io stesso non ero molto convinto di avere fatto la scelta giusta.
Dopo 110 minuti di prova scritta potevo sentire lo sfrigolio del mio cervello che friggeva.
Dovevo rimanere concentrato, di lì a poco sarebbe cominciata la prova orale, della durata di un’ora.
Quando uscii dall’edificio, ero sconsolato.
Non avevo calcolato bene i tempi, e mi ero ritrovato a 10 minuti dalla fine con ancora quasi un terzo delle risposte da compilare.
Rispetto ai test di prova che avevo fatto a casa, era stato un vero disastro.
Annunciai a tutti che purtroppo non ce l’avevo fatta. Era stato bello crederci, ma purtroppo mi ero dovuto scontrare con la dura realtà dei fatti.
Usai come scusa il fatto che mi ero dimenticato di portare l’orologio, il che mi aveva pesantemente penalizzato nella gestione dei tempi.
Non fosse stato per quello, forse, ce l’avrei anche potuta fare.
E così si esauriva qui il mio sogno di superare l’esame di giapponese più difficile in un solo anno e mezzo, un record difficilissimo da battere per qualsiasi occidentale (i cinesi sono avvantaggiati perché hanno lo stesso alfabeto, ma anche per loro si tratterebbe di un signor risultato).
Fino a che… Il 30 Gennaio 2015… vennero annunciati i risultati.
Aprii il sito che li annunciava come si apre un biglietto della lotteria. “Certo, ho una probabilità su un miliardo di diventare ricco… ma non succederà. Vero?”
E invece…
Ricordo ancora l’emozione che provai quando vidi quella schermata.
Ce l’avevo fatta! Avevo superato l’esame! Avevo conseguito il JLPT N1 mettendoci un solo anno e mezzo!
Il mio morale era alle stelle: avevo realizzato il mio sogno.
La mia avventura, però, era appena cominciata… [continua]