Oggi come secondo episodio della “30 libri in 30 giorni” challenge, ho ascoltato finalmente Nonviolent Communication di Marshall Rosenberg, un libro che avevo intenzione di leggere da un po’.
Come avrai già capito, si parla di comunicazione nonviolenta, che è una particolare forma di comunicazione nella quale, per l’appunto, la violenza è assente e ci si focalizza su ciò che conta davvero per migliorare la situazione di entrambe le parti.
Il problema di fondo, secondo l’autore, è che gli esseri umani hanno dei bisogni che a volte non vengono soddisfatti. Ciò ci impedisce di raggiungere quello stato che Rosenberg chiama “compassionate giving”, ovvero di condivisione compassionevole. Quando si è in questo stato, che idealmente tutti vorremmo raggiungere, compiamo azioni solo e soltanto per il puro e semplice senso di essere vivi, e conseguentemente per il desiderio di contribuire alla vita degli altri. Agendo da questo punto di vista, le cose non possono che andare bene per tutti. Chi parla si sente ascoltato, chi ascolta si sente arricchito, etc.
Siccome però alcuni bisogni non vengono soddisfatti, e siccome non siamo stati educati a farlo dall’ambiente in cui siamo cresciuti, ecco che condividere compassionevolmente diventa difficile. Il motivo della violenza non è quindi la cattiveria, bensì l’ignoranza (di questa condizione). La soluzione non consiste quindi nel combattere o nel vincere, bensì nell’educare. Ciò che possiamo utilizzare qui è proprio la comunicazione nonviolenta, che viene presentata in questo libro come un efficace strumento non solo di risoluzione dei nostri eventuali conflitti, ma anche e soprattutto di soddisfazione dei nostri bisogni.
La società ci insegna ad avere vergogna dei nostri “bisogni”, e che essere “bisognosi” è sbagliato. Chiedere ciò che si vuole ottenere, nella cultura in cui viviamo, non è quasi mai visto di buon occhio. Da qui però nascono tantissimi problemi! Se è difficile esprimere che cosa vogliamo veramente dall’altra persona, immaginati quanto impossibile sarà per essa non solo soddisfare la nostra richiesta, ma anche naturalmente prima di tutto indovinare magicamente e con esattezza che cosa noi volevamo in realtà.
Il senso di sofferenza che le persone provano di conseguenza, nella maggior parte dei casi viene espresso in maniera non efficace, violenta appunto. Giudicare, incolpare gli altri, pensar male o parlar male di loro, e praticamente ogni altro tipo di espressione conflittuale, tutti questi comportamenti nascono da un approccio errato alla nostra maniera di comunicare. E non solo alla nostra “maniera”, ovvero alla forma esteriore di quello che diciamo, ma anche al senso del nostro comunicare, ai motivi profondi per i quali comunichiamo.
Come mai comunichiamo? Se non è condivisione compassionevole, è perché abbiamo un bisogno che non è stato soddisfatto. E va benissimo. In questo caso, l’approccio di Rosenberg consiste nel chiedersi una semplice domanda:
“Qual è questo bisogno? Come posso fare per soddisfarlo?”
Se pensiamo che la cosa dipenda da un’altra persona, possiamo chiedere. Nell’elaborare una richiesta, faremo attenzione a parlare di noi e del nostro bisogno, e di come ci sentiamo a riguardo. Sarà importante non presentarla come una pretesa, per ovvi motivi, né tantomeno porsi nei confronti degli altri in maniera sbagliata. Se qualcosa non va come vorremmo, è nostra responsabilità provvedere e rimediare, mai dell’altra persona, né delle circostanze, nè di nient’altro.
L’idea di fondo è che la maggior parte delle persone si mettono sulla difensiva quando hanno bisogno di qualcosa da qualcun altro. La verità, però, è che quasi tutti sono in realtà felici di aiutarti, se ti esprimi nel modo giusto. Invece di vergognarti per ciò di cui hai bisogno e di sentirti in colpa, il libro suggerisce di “presentarsi come Babbo Natale”.
“Ho Ho Ho! Ecco i miei regali, queste sono le cose che vorrei nella vita, queste sono le cose di cui ho bisogno…”
Se ti esprimi in questo modo troverai sicuramente qualcuno disposto ad aiutarti. Le altre persone infatti provano solitamente piacere quando sentono di poter essere d’aiuto a qualcuno, e lo tendono a fare spontaneamente.
Personalmente, trovo questo passaggio molto sottovalutato e molto vero. Durante i miei viaggi in giro per il mondo, completamente in solitaria, mi sono ritrovato tante volte ad avere tanti bisogni. Una delle cose più belle che ho imparato è stata proprio questa: se ti presenti con genuinità e con il giusto spirito, chiunque non vedrà l’ora di poter fare qualcosa per te! È davvero una bellissima sensazione, e ti auguro di provarla a tua volta, almeno una volta nella vita.
Quindi, ricapitolando:
- Tu sei responsabile della tua vita
- Ci sono dei bisogni che potresti avere
- Migliorando la tua comunicazione, puoi aiutarti a soddisfarli
- Esprimi i tuoi bisogni chiaramente
- Esprimi le tue emozioni, come ti senti a riguardo, con chiarezza
- Fai richieste senza pretendere
- Partecipa al processo di comunicazione con l’altra persona, con la pura intenzione di condividere compassionevolmente
Ho adorato questo libro e l’ho trovato semplice, conciso, ed estremamente efficace nel chiarirmi concettualmente e con precisione alcune modalità chiave su come operare nella propria comunicazione tutti i giorni, in modo da migliorare sia la propria vita che quella degli altri.
Puoi applicare i metodi in esso contenuti in qualsiasi situazione, sia con gli amici che sul lavoro che nel tuo rapporto con i tuoi stessi pensieri con qualsiasi altro aspetto dell’esistenza. Se il mio articolo ti ha interessato, prova a dare a Nonviolent Communication una possibilità. L’unica versione che ti consiglio è quella audio (così come mi è stato consigliato a mia volta), la voce dell’autore in questo caso fa tutta la differenza.
Grazie per la tua attenzione 🙂