Ogni tanto, per strada, guardo le calze delle ragazze. Perché mi piacciono.
Questo però non c’entra. Innanzitutto, per te che mi segui, eccoti le mie scuse. A volte scrivo cose sconvenienti su questo sito. Ma non sto parlando della frase qui sopra o delle calze, no. Sto parlando di alcuni articoli in cui ci metto non tanto ciò che ho in testa, ma ciò che ho nel cuore. Quando sto male, sto male. La crescita personale, per come la ho praticata, mi ha aiutato tantissimo. Quando sto molto bene, sto molto bene, e a volte invece sto molto male. Come tutti, alla fine. E sebbene in alcune mie frasi ci incanali molta più negatività che altro, il bilancio della mia vita direi che è molto positivo. Quindi ecco, non ti abbattere per favore anche se mi vedi giù o persino arrabbiato (capita), è tutto temporaneo e in generale io sto bene per davvero, e sono soddisfatto di me stesso e ti auguro sempre di trarre il meglio dal mio sito. Nonostante tutto.
In questi giorni sono anche piuttosto nervoso per la Guerra in Ucraina. Ti dirò la verità, non mi piace. Non mi piace affatto. Non mi piace il clima di distorsione, non mi piacciono i morti ammazzati dalle schegge e dalle esplosioni. Non mi piace la violenza. Non mi piace l’odio. Soprattutto, non mi piace chi se ne approfitta. E anche io me ne approfitto. Tutti ce ne approfittiamo. E quindi essendo una persona altamente sensibile, finisco per riempirmi di pensieri, e poi siccome ho questo blog, li scrivo a te. E poi ti arrivano naturalmente, e poi assieme ad essi le mie scuse. Ma non c’è colpa in questo, non c’è un senso di “ti devo qualcosa”, è più che altro un grazie, il mio, ma a forma di scusa.
Vedi, io mi sento un bebè. Ho 33 anni, e tante persone in questo momento ne hanno 50, 60, 70… Hanno 40 anni in più di me. Io 40 anni non saprei nemmeno che forma abbiano, sinceramente. Non me li riuscirei a immaginare neanche se ci pensassi su una vita. Però so anche, che in quanto bebè, posso lo stesso guardarmi in giro, cercare, sperimentare, fare la cosa che nel mio molto piccolo ritengo la più giusta. A tutto questo si aggiunge che di carattere tendo a essere individualista, che non vuol dire egoista. Infatti chi mi conosce sa che sono anche fin troppo generoso. Per dirti, mi piace il minimalismo, spreco molto poco, dono sempre una grossa parte di ciò che ho a chi ritengo sia giusto dare, sia in energie che in tutto.
Ho appena finito di guardare un film che ho trovato molto piacevole, si chiama Good Time, con Robert Pattinson. C’è anche Necro, un rapper di Brooklyn, c’è anche l’attore famoso per il meme “now I’m the captain”.
C’è una scena in cui proprio il personaggio da lui interpretato viene pestato e buttato a terra e drogato, poi consegnato alla polizia che lo immobilizza. È un momento brutale e mi ha scosso. Gli viene addossata una colpa non sua, lui non si riesce a esprimere per via di droghe che non ha scelto di prendere, subisce tanta violenza e viene sbattuto su un’ambulanza. Cerca di parlare ma non si capisce niente, è un po’ buffo diciamo al 10%, il restante 90% è invece agghiacciante. Un agente gli dice “ecco l’uso di droga…” sconsolato, e poi all’altro “lo conteniamo adesso, andiamo” e poi avviene la costrizione.
Mi sono sentito male.
Proprio questa mattina pensavo, a che cosa serve veramente tutto quello che faccio, nella vita? Sto davvero lavorando per qualcosa di significativo? Ci sono tantissime ingiustizie nel mondo, tantissimi soprusi. Mi piacerebbe proprio avere una Chiave, e usarla, per aprire le gabbie di tutte quelle persone che sono state sbattute all’inferno ingiustamente. Mi sono chiesto, chissà che cosa si proverebbe, a inserire la chiave in quella serratura. A liberare tutti quei demoni. O meglio, quegli angeli.
Sono un bambino, osservo la vita, e mi chiedo. Dove sono i civili uccisi in Ucraina, adesso? Dove sono?
Voglio aprire quelle porte, mi sono detto. Come un vecchio custode che finalmente può aprire il Cancello. Come se ce ne fosse uno solo, da sempre, in cui chi sta soffrendo dall’inizio dell’eternità è ancora rinchiuso. Stavo aprendo la cancellata di casa. Che cosa si proverebbe a essere quella persona? Metto dentro la chiave. Mi vengono le lacrime agli occhi, piano. Perché sarebbe la sensazione più bella del mondo. Sarebbe così importante. Ci sarebbero così tanti testimoni, così tanti occhi, tutti vorranno vedere! E io lo farei come lo devo fare, perché è necessario, e sebbene sia letteralmente il gesto più importante dell’universo, graziare le anime tormentate, non avrebbe senso glorificarlo. Sono disinvolto. Sono io il Custode, alla fine, in questo piccolo pensiero che mi concedo di avere. Potete uscire. Mi dico. Ma in realtà fuori sono silente. Penso ai secondi che sto spendendo per girare la chiave. Di nuovo, non avrebbe senso affrettarsi troppo, prolungare di uno o due secondi, che differenza farebbe, perché tanto tra poco…
Poi ritorno in me, come tutti voglio dimostrarmi tranquillo. Non voglio far vedere che sono scosso dagli eventi e dalle cose. E mi dispiace, te lo ripeto, se a volte su questo sito non ti mostro quel lato. Non lo so perché ciò accade. Però una cosa che so è che sono tremendamente grato, provo proprio questa serenità in fondo al cuore, di essere qui con te e di potermi esprimere. Sono sobrio, posso parlare. Sono in salute. Certo, le cose non sono perfette o come vorrei, ma questo va bene. Ho imparato che tutti gli esseri senzienti, letteralmente, desiderano qualcosa. E questa è stata una realizzazione chiave, oserei dire, perché ha messo tutto in prospettiva. Ho un enorme privilegio che è quello di potermi esprimere. E non lo sto sprecando! Certo, potrei fare di meglio, ma anche questo va molto bene.
Non mi sento sempre così, però il più delle volte il mondo mi sta a sentire. L’universo mi ascolta. Non lo so in virtù di che cosa, sinceramente, ogni Sè ha una sua natura particolare, però io ci sono passato, per determinati corridoi, e oggi questo privilegio lo conservo in fondo all’anima, assieme a un grande sorriso. Vorrei che tutti potessero averlo. Anche tu 🙂
Anche quella donna con le calze che mi piacciono. Anche l’altra donna che ci sta di fianco e mi guarda un po’ storto, come a dire, “Beh? Ti piacciono le sue calze?”
Sì.