Dico sempre su questo sito che tutto è una skill, che tutto può essere visto come un’abilità, che tutto è allenabile. Anche fare la cacca. Il concetto è che nulla, se fatto con costanza, è una perdita di tempo. Beh, oggi parliamo dell’eccezione per eccellenza a questo concetto. Criticare.
Criticare non è una skill
Criticare non è una skill. Non solo non serve a un cazzo, ma non puoi nemmeno “migliorare” continuando a farlo. Non sto parlando, ovviamente, della critica professionale. Ci mancherebbe. Anche in quel caso, però, ciò che migliora è in realtà la forma, lo stile, il contenuto, e non tanto della critica quanto della scrittura.
Purtroppo, criticare è un’attività molto diffusa. Questo per via dei pattern che si attivano a livello cerebrale durante questa attività, che sono più “economici”, più facili da accendere, più leggeri da usare quando pensiamo, quando osserviamo, quando parliamo con gli altri.
In particolare nei gruppi, la tendenza a criticare gli altri, “parlare male”, spettegolare, e in generale chiacchierare a vanvera sulle cose brutte del mondo, è sempre molto alta.
Se inizi a “fare”, te ne rendi conto
Criticare non porta a nulla. Puoi giudicare gli altri, puoi prenderti gioco di loro persino, puoi stare a guardare i loro fallimenti e storcere il naso, commentare, denigrare, insultare, schernire. La verità vera, è che in quel momento tu non stai facendo nemmeno mezzo passo avanti. Chi stai criticando invece, con tutta probabilità, sì.
E non è finita. Criticare non solo ti impedisce di avanzare. Ti fa fare passi indietro. Giganteschi. Pensare di sapere che cosa funziona e che cosa no, a proposito di ciò che fanno gli altri, è un gravissimo errore di ingenuità. Mina la tua auostima futura, anche se al momento non te ne accorgi.
Prendi ad esempio, il parlare in pubblico.
Vai lì alle serate di ToastMasters, come ospite (se ancora non lo conoscevi ti consiglio di dare un’occhiata sul tuo motore di ricerca preferito), ti siedi, e guardi gli altri fare il loro discorso. All’inizio, avrai la testa piena di giudizi. Saranno voci così forti, che non ti permetteranno nemmeno di pensare con calma a ciò che sta succedendo.
- “Fa troppe pause.”
- “Si vede che è insicuro.”
- “Ondeggia troppo.”
- “Gesticola strano.”
- “Non mi convince.”
- “Sperava di far ridere, ma ha toppato.”
- “Il finale è debole.”
- “Si confonde facilmente.”
- “Ha paura di parlare in pubblico.”
E tanto altro ancora.
Quando poi, sempre che tu ne abbia la fortuna, riesci a trovare il coraggio di salire su quel piccolo palco tu stesso. Eccolo lì, è il cielo che ti crolla addosso.
“Oddio, tutte le cose che pensavo degli altri… Sono anche io così!”
Esattamente. Pensare un pensiero, significa internalizzarlo. Per formulare una critica nei confronti di qualcuno, devi per forza di cose “creare” un pensiero critico. Una specie di prodotto di scarto del processo di “pensiero a basso livello” che abbiamo menzionato all’inizio. Questo pensiero critico, creato dalla tua mente, diventa parte di te. O anzi, sarebbe meglio dire, è lì perché lo era già, una parte di te.
Ti accorgi dei difetti degli altri, e ti danno fastidio, soltanto quando quegli stessi difetti ce li hai anche tu. Altrimenti, non avrebbero nessuna risonanza emotiva. Sarebbero solo delle imperfezioni, certo, dei dettagli da limare, ci mancherebbe. Magari anche dei veri e propri errori da correggere, perché no?
Il punto qui è molto semplice.
Quando veramente decidi di smettere una volta per tutte di criticare, purificando una volta per tutte il tuo mondo interiore, ti accorgi della vera realtà delle cose. La vera realtà è che tutto è infinito. Le parole degli amici, le canzoni, il public speaking, i post su Facebook, le opinioni degli altri, i loro risultati, i loro video, il loro lavoro, i loro articoli… È tutto infinito. E siccome è tutto infinito, perché focalizzarsi sulle imperfezioni, a questo punto?
C’è una regola nel public speaking. Per dare un feedback a qualcuno, prima fai un complimento, poi sottolinea qualcosa che secondo te varrebbe la pena cambiare la prossima volta, poi ringrazia, saluta, e complimentati di nuovo. Questo è un approccio giusto, saggio, e corretto, anche quando ci relazioniamo con tutti gli altri aspetti della nostra vita, anche al di fuori del parlare in pubblico.
Una semplice decisione, infiniti benefici
Ormai 10 anni fa esatti, fu in quel momento che presi una delle decisioni più importanti della mia vita. Non avrei mai più parlato alle spalle di nessuno, per nessun motivo. Non in maniera negativa, almeno. Che tu ci creda o meno, questa semplicissima decisione può catapultarti in avanti, socialmente, finanziariamente, emotivamente, spiritualmente, fisicamente, come nient’altro.
Sembra quasi fin troppo semplice. “Smettila di parlare male degli altri.” E in realtà, nonostante semplice lo sia, è un concetto di una profondità illimitata. Tant’è che quello del non criticare, è anche uno dei precetti del Buddha stesso. Puoi cominciare a praticarlo adesso, e dopo 10 anni avere ancora la sensazione di poter fare progressi.
Criticare non è una skill. Non-criticare, invece, lo è eccome. Non criticare, e farlo veramente bene, richiede l’abilità di un maestro, e anni di esperienza. Questo perché non criticare non è altro che l’arte di cogliere, nell’infinita abbondanza della vita, proprio questo aspetto stesso, intrinsecamente effimero, eppure allo stesso così evidente. Che la vita è infinitamente abbondante. Quanti dettagli, quante emozioni, quanta ricchezza di particolari, quanta vibrante cornucopia di colori, emozioni, visioni, destini, intenzioni, tentativi, gioia, gloria, tenera insicurezza, prudente titubanza, fiero ardore… E tutto, in quanto infinito, non potrà mai essere visto e apprezzato completamente. Non potrà mai venire veramente “giudicato” o ritenuto “scorretto”, e nemmeno “corretto”, per quel che vale.
Si tratta piuttosto, di individuare il bello nell’altro, anche dove nessuno sembra vederlo.
E ancora meglio, un giorno, quando ti sentirai pront*, di creare qualcosa tu stess*.
Quando le porte della percezione si apriranno, tutte le cose appariranno come realmente sono: infinite.
– William Blake