Ho appena acquistato un videogioco che ritengo assolutamente peculiare e curioso.
Si intitola “Getting Over It with Bennet Foddy”, che tradotto significa più o meno farsene una ragione, lasciarselo alle spalle, superarlo, voltare pagina.
Tutto il gioco è una specie di gigantesca presa per il culo dei motivatori, della crescita personale, e delle citazioni fighe per trovare l’ispirazione.
Funziona così:
Tu controlli un uomo di nome Diogene, incastrato in un calderone con un martello da scalata in mano. In particolare, però, non controlli il tizio direttamente, ma la punta del suo martello. Il tuo obbiettivo? Scalare la montagna, e “lasciartela alle spalle”. Una volta per tutte.
Qual è il problema principale? Il problema principale è che ogni volta che fai un errore, talvolta anche molto piccolo, c’è il rischio che tu ricada in basso e debba ricominciare tutto da capo, o se non altro una gran fetta di gioco. La fisica dei controlli, essendo molto macchinosa e controintuitiva, rende l’esperienza di questo videogioco al 100% frustrante. Vuoi giocare a Getting Over It? Proverai frustrazione. Tanta.
Ed è proprio questo il punto di quest’opera. Farti (ri)provare quelle sensazioni che nella vita hai incontrato quando hai dimenticato un dettaglio e hai dovuto rifare tutto il compito, quando hai perso lo zainetto con dentro 300 pagine del tuo libro, quando dopo anni di fatiche ti hanno licenziato o la tua compagnia ha fallito, e hai dovuto ricominciare.
Ogni tanto, intervallando i tentativi di scalata, il creatore del gioco Bennet Foddy si prodiga nel declamare in tono estremamente serio, filosofico e introspettivo tutta una serie di massime e frasi sagge che si suppone dovrebbero aiutarti quando sei giù di morale.
È proprio qui che il titolo brilla della sua particolarissima luce: sentire quelle parole proprio in quel momento, dopo essere caduti, dopo essersi resi conto di aver sprecato mezz’ora di scalata ed essere ancora all’inizio della montagna, di primo acchito, ti fa incazzare. Le citazioni fighe che ti dovrebbero aiutare a svoltare una volta per tutte tra gli ostacoli dell’esistenza, in quel luogo e in quel momento, suonano vuote, suonano inutili, suonano superflue, suonano come se chi le ha scritte lo avesse fatto senza sentimento, senza compassione, e senza empatia.
Quando giochiamo a Getting Over It ci sentiamo soli, ci sentiamo abbandonati, ci sentiamo falliti e frustrati e traditi, persino da noi stessi, infuriati con la nostra incapacità e con la consapevolezza di dover ricominciare a martellare verso l’alto, aiutati soltanto da una manciata di aforismi e dallo (mai esplicitamente sarcastico) incoraggiamento dello sviluppatore.
A un certo punto, continuando a giocare, ci rendiamo conto di una cosa. Siamo diventati più forti. Siamo diventati più abili. Sappiamo controllare il martello con più fiducia, con più precisione. Ora, dopo tutti quanti quei tentativi, siamo ancora a zero. Eppure, la situazione è molto diversa. Dal punto di vista del gioco, siamo precisamente all’inizio. Dal punto di vista di chi siamo, qualcosa è cambiato. Che cosa? Abbiamo scalato la nostra montagna interiore. Abbiamo iniziato a fare progressi. Ora avanzare è un po’ più semplice. Sappiamo che il prossimo tentativo ci porterà in alto più facilmente, più rapidamente, e con più probabilità.
Anche se, è necessario dirlo, più si sale (in questo gioco come nella vita) e più brucerà quando si cade…
Trovo questo titolo un’esemplificazione perfetta di tutto ciò che ho sempre voluto dire, a proposito della crescita personale e dell’apprendimento.
Se cadi, cadi. E va bene così… Occazzo, aspetta, un’altra frase illuminante di merda 😀