All’inizio, tutto l’universo era concentrato in un puntino, un puntino minuscolo come quello alla fine di questa frase.
Tutto quanto lì.
Non esisteva ancora nulla, solo tutto l’universo concentrato lì, in quel puntino.
Non esisteva neanche il tempo.
Poi arrivò il primo istante di tutti, l’istante che precede tutti gli altri istanti.
E così, bang. Anzi, BANG.
Oggi parleremo dell’ultimo di questi. L’istante in cui si muore.
Morire è una cosa seria. Non è come tutti gli altri eventi della vita. La morte non è qualcosa che accade. È qualcosa che smette di far accadere tutto il resto.
Si potrebbe dire che nessuno è vivo in questo momento. Solo tu. Del resto, come faresti a dimostrarmi il contrario? E questa non è una cosa che credo io, è una cosa che puoi verificare facilmente tu stesso. Datti un’occhiata in giro. Le altre persone esistono, esistono gli animali, e le piante. Sembrano tutti vivi, ma come fai a saperlo davvero? Anche gli attori nei film o nella realtà virtuale sembrano così veri, ma si potrebbe davvero dire che siano vivi? Come fai a sapere che qualcun altro, all’infuori di te, in questo momento è vivo e sta pensando a qualcosa? Potrebbero essere tutti dei robot super realistici, o la realtà potrebbe essere soltanto il frutto di una sofisticata simulazione pentasensoriale, che tu in questo motivo stai per qualche motivo vivendo attraverso una qualche misteriosa interfaccia, che ti connette a te, qui, e ora, che credi di essere vivo. Ma non lo sei.
Quello che ti voglio dire oggi è molto semplice infatti, ma ti potrebbe sorprendere. Nessuno è vivo in questo momento. Neanche tu.
Lasciami spiegare.
Ogni momento si sussegue. E dal momento iniziale veniamo tutti trascinati verso quello finale, la grande M. Uno dei più grandi misteri dell’umanità è sempre stato questo. Che cosa accade dopo la morte? Il problema è proprio questo, non esiste un dopo. Sarebbe come dire… Che sapore ha l’arancia fuori dalla buccia? Oppure, di che colore è l’inchiostro fuori dal vasetto? Ciò che è sempre e per sempre sfuggito agli esseri umani di tutte le epoche, a quanto ne so io almeno, è la semplicissima risposta a questo perenne quesito.
Tratto da una storia breve che stavo scrivendo:
“Tu non sei vivo. Sei morto. Per la precisione, sei morto in questo momento. Quella che stai provando non è la sensazione della vita che scorre. È la sensazione della tua stessa morte, che avvenendo torna a riprendersi tutti i tuoi istanti. Questa non è la tua vita. Questo non è il tempo che scorre. Queste non sono lettere e tu non stai leggendo. Tu sei già morto, stai morendo adesso. E questi, beh, questi sono soltanto i tuoi stupidi ricordi. Addio.”
Si pensa, in alcune culture, che il modo in cui si muore determini la qualità della propria vita prima di quell’istante. Per questo, molto spesso, viene data molta importanza al momento del trapasso. L’Ultimo Istante. La guerra non rappresentava solo un modo di aumentare il potere interno della propria nazione. Era un mezzo a disposizione degli uomini, utilizzato per fornire a se stessi l’occasione di darsi la morte a vicenda, di morire in un certo modo. Veniva considerato onorevole, il gesto del guerriero di terminare la propria vita sulla lama del nemico, rovinosamente, divorato dai demoni della rabbia e del coraggio, tragedicamente massacrato nell’atto di combattere per la propria patria. Il culmine della gloria.
La guerra non si combatteva per vincere. Si combatteva per morire.
Come mai tutto questo? Come può essere che una morte gloriosa rappresenti una traguardo tanto significativo per l’individuo, così tanto da spingerlo addirittura a sacrificarsi spontaneamente, ad accorciare persino la propria esistenza, pur di massimizzare l’effetto dell’ultimo dei suoi istanti su tutti gli altri?
La risposta è estremamente semplice. Quegli uomini sapevano quello che adesso sai anche tu. Questo, questo che stai “vivendo” in questo momento, non è la tua vita, non è il tempo che scorre. Questo è l’istante della tua morte. La vita è un susseguirsi di istanti. Si susseguono senza sosta, uno dopo l’altro, sospinti dalla legge della causa e dell’effetto. E se è vero che le leggi fisiche li legano a stretto giro, concatenando inevitabilmente e inoppugnabilmente tutti gli avvenimenti, traendo dal precedente l’energia da consegnare al successivo, e se è vero che effettivamente l’ultimo di questi avvenimenti esiste, e può essere infine raggiunto e vissuto… Beh, in questo caso, questo Ultimo Avvenimento, questo Ultimo Istante, non può che rappresentarli tutti quanti, a ritroso, risalendo dall’effetto alla causa, da lì partendo fino alla fonte dello spazio e del tempo, percorrendolo all’indietro come una scala, istante per istante. E passando appunto anche per questo. Tutti quanti, infatti, avvengono nel presente.
E questo significherebbe infine che essendo tutti gli istanti concatenati e mutualmente comunicanti, l’Essenza del tuo Presente, ora e adesso e qui in questo momento, ciò che tu chiami essere vivo e sveglio e sano e attento e leggere… Non può che combaciare con l’Essenza del tuo Ultimo Presente. Ovvero ciò che stai assaporando proprio adesso. La tua stessa morte.
In questo scenario appare quindi ovvio il significato dell’importanza che quelle culture attribuivano al modo di morire. Il modo in cui morirai determinerà la qualità della tua intera esitenza. O per meglio dire, il modo in cui stai morendo adesso.